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il sesso anale

28 febbraio 2010
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sesso analeIl sesso anale, lungo i secoli, è stato sempre guardato con una certa perplessità, in quanto a lungo si è ritenuto che avesse troppo a che fare sia con il culo (la parte anatomica), che con i culi (gli omosessuali). Gli omosessuali a loro volta in certe epoche hanno goduto di stima e rispetto (per esempio nella Grecia classica), altre volte hanno goduto di meno, ma quando godono è innegabile che ciò avviene per mezzo del sesso anale.

Un altro fattore che secondo me contribuisce a mettere il sesso anale in una luce sinistra è che esso può comportare la comparsa di macchie marroni sul bigolo della parte attiva. Eh sì, cari amici: il sesso anale, quando se ne parla, ma assai di più quando lo si pratica, è importantissimo definire da che parte dello sfintere ci si trova, questo per evitare spiacevoli sorprese. Si possono quindi dividere i praticanti tra proctofili “passivi” e “attivi”: ognuna di queste posture ha i suoi pro e i suoi contro, facilmente intuibili, e non ci dilunghiamo.

Tra i più alacri sponsors, oggi come ieri, del sesso anale, troviamo un po’ a sorpresa la Chiesa Cattolica: e non stiamo parlando, o non solo, delle relazioni che sogliono intercorrere tra esuberanti preti pedofili ed innocenti orfanelli negli istituti religiosi di mezzo mondo (non se ne può più di questa storia, per favore basta). No, ci riferiamo alla circostanza che siccome questi la menano tanto che bisogna arrivare al matrimonio in stato d’illibatezza, molte ragazze cattoliche, specie in Veneto ma non solo, pur di preservare intatto il loro sacro imene accettano di buon grado di farsi sfondare dalla porta posteriore; e così arrivano all’altare sorridenti e vestite di bianco, anche se potrebbero nascondere nell’ano la Volvo di papà. Questo succede in Veneto, certo, ma anche in molte altre regioni. Poi si dà anche il caso di giovani ragazze che fanno solo finta di voler giungere immacolate alle nozze, giusto per avere una scusa per dar via il culo senza sembrare troppo troie. Insomma ce n’è per tutti i gusti.

sesso analeIl sesso anale, la prima volta che si pratica, può anche generare un filo di delusione: ma come, con tutto quello che magari ci hai fantasticato sopra, e alla fine si riduce a questo? Ma poi ci pigli gusto e chi ti ferma più…

A volte sei lì che ci dai, e come può capitare ti perdi via nei tuoi pensieri, osservando una macchia di umidità sulla parete di fronte, o pensando al campionato o all’assicurazione da pagare, e poi quando ti ripigli guardi in basso e vedi che hai il bigolo, senza tanti giri di parole, inserito nell’ano di un’altra persona. Lo stesso ano da cui questa persona, diciamolo pure, defeca. E potrebbe anche prenderti lo sconforto, perché senti qualcosa sulla punta del bigolo e pensi che si stanno formando le famose macchie marroni; a ‘sto punto, se lo tiri fuori e ci sono davvero le macchie marroni (e puzzolenti), puoi anche dare per conclusa la sessione in corso, per cui meglio far finta di niente e continuare a pompare. Insomma, tutto un fine gioco psicologico, che per dominarlo bene ci vogliono esperienza e sensibilità.

Questo post contiene concetti ed espressioni che potrebbero offendere la sensibilità di alcuni lettori. Se sei contrario al sesso anale sei pregato di non aver letto questo post.

cazzi negri e vagine bianche (quando non basta essere the president)

3 febbraio 2010
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negri polaChe poi sarebbe anche ora di chiedersi come mai un popolo che si sceglie serenamente un presidente a tutti gli effetti negro, gli viene male al pensiero di un negro che si chiava una donna bianca. Inutile protestare, inutile girare la testa dall’altra parte: perché, dicano quello che vogliono le associazioni ed anche i singoli SOS-Racism, questo è un fatto, e puoi star sicuro che se Obama avesse avuto una moglie bianca, a tanti di quelli che lo hanno votato, sentendosi ben moderni, sarebbe girate un po’ troppo le balle. E allora addio primo presidente afroamericano, erede ideale di John Brown, di Martin Luther King e di Eddie Murphy. Addio belle speranze di una nuova epoca e di un mondo migliore.

Da sempre, a quanto pare, questo fatto dell’uomo negro che si scopa una donna bianca, fa perdere il sonno a molti uomini bianchi. Molti trovano una spiegazione a questo fenomeno nel fatto che i negri tradizionalmente ce l’hanno “più grande” dei bianchi, e ciò sarebbe causa, almeno in parte, di certo nervosismo. Io non credo molto a questa teoria, perché non ho mai sentito nessuno dire: “Eh, si, caro geometra, che vuol farci, anche mia moglie tromba con un cinese; ma insomma, alla fin fine loro ce l’hanno talmente piccolo che non mi arrabbio neanche…”. No, non l’ho mai sentito un discorso del genere. E poi, se fosse questione di dimensioni, dovrebbero esserci altrettante reticenze nei confronti delle donne che scopano con i cavalli, ed invece Cicciolina è arrivata in parlamento, prima ed indimenticata rappresentante di una lunga lista di troie che ancora oggi stanno lì, fanno le fighe e se la tirano.

A me personalmente, quello che mi dà un po’ di fastidio nelle relazioni sessuali tra uomini negri e donne bianche è più che altro l’idea che questi negri, dopo, tornano nelle loro tribù e si vantano. Un po’ come quelli di Foggia quando andavano a scopare nell’ex-est-Europa (Polonia, Ungheria, ecc.). Ai negri infatti piace tantissimo bullarsi: uno perché ha guidato un’automobile vera, quell’altro perché c’ha la radio più grande, e così via; poi si danno un cinque. Poi salta fuori quello che dice che si è montato una bianca e tutti gli fanno le congratulazioni, ed un altro giro di “dammi un cinque fratello“. Sinceramente non vedo gran soluzioni per questo problema: si potrebbe eliminare il negro subito dopo l’amplesso, o sterminare la sua tribù d’origine, ma sicuramente qualcuno protesterebbe. Per cui, che vogliamo farci, cèst la vie.

In America i porno dove dei negri si scopano delle bianche sono un genere a parte, che si chiama, appunto, interracial, e sono considerati un’eccentricità per raffinati pervertiti.

taccagni

26 novembre 2009
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tette grandi e belle

Io non capisco quelli che ti dicono: “Le tette finte? Noooo, ma che schifo! Quando le tocchi lo senti che sono finte, sono di gomma, non sono naturali“, e non stanno parlando delle proprie, che non ce n’hanno, o di quelle della propria signora, che nemmanco ce l’ha. Parlano in astratto, così, parlano di tette che non toccano né toccheranno mai. Che è come dire: “La Ferrari? Noooo, ma che schifo! Quando ti ci siedi, c’ha i sedili troppo scomodi“. Ma quando mai ti ci sei seduto tu su una Ferrari, quando mai ti ci siederai? Lascia che siano i chiapponi di chi la Ferrari ce l’ha, a decidere cosa è comodo e cosa no. Se una si mette le tette di gomma, qualche fortunato ci metterà pure le mani addosso, ma tutti gli altri si devono contentare di guardare. E allora, che ti frega della consistenza, del tatto?

Per me quelli che lasciano che le mogli o le fidanzate o le figlie vadano in giro come delle povere assi da stiro sono solo ed unicamente dei gran taccagni.

bravo Cristian

13 novembre 2009
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Penso: “Cosa staranno combinando i miei amici/compagni orsi del Trentino ? Cosa diranno le mie amiche femministe ?” Ed ecco che con un balzo tornano alla mia mente due piccoli episodi che ancora mi fanno ridere un sacco, eh sì un sacco di volte.

Giugno 2007 in Trentino, per l’esattezza Trento City, Centro Sociale Bruno. Con immensa gioia, ed anche un poco per necessità, ho potuto assaporare per una quindicina di giorni la fantastica e sorprendente vita di un centro sociale del Trentino: il Bruno. Come in tutti i centri sociali che si rispettino, anche al Bruno esisteva un gruppo unito di giovani donne che volevano giustamente affrontare tutte, ma propio tutte le tematiche riguardanti il genere Donna.

Quando io arrivai al centro, era già stato indetto un giorno (il martedì di-genere) in cui si discutevano, si organizzavano e si dava forma a progetti, indirizzati all’avvicinamento e alla sensibilizzazione del pubblico come dei compagni, al mondo Donna. Il loro sforzo si potrebbe tradurre come una serie di azioni a favore della sensibilizzazione alla figa ma credo propio sia una definizione poco femminista.

Con il gruppo, tra l’altro quasi tutte mie amiche, ho avuto da subito un buonissimo rapporto anche se gli puzzava un poco che non affronttassi con frequenza argomenti in difesa delle donne o a sfavore degli uomini; vabbeh, ognuna è femminista a modo suo, ed ero comunque ben accetta. Ciò che propio non potevano accettare era la mia fantastica idea di indire il mercoledì de-genere; giorno in cui si cercava di aprire nuove porte, della mente, del grande ex-Mayer e dell’universo tutto. Insomma come dire, la gente beveva-mangiava-si drogava-ruttava-cantava-rideva-ballava, senza forma né genere, solo un grande grande de-genere.

I giorni scorrevano sereni, fino a quando… Per la grande serata di-genere (non riporto il programma ma posso dire che c’era un numeroso pubblico trentino), Cristian diede il meglio di sè per far imbestialire le povere femministe che nulla poterono contro di lui. Il cortile si riempiva di gente e mancava sempre meno al discorso d’apertura, quando ecco che al terzo piano, proprio sopra il telone per la proiezione dei film, da una finestra sbuca lui : Cristian, con un sorrisetto diabolico e con qualcosa nella mano: un tubo? no; un gran cannocchiale? no. Con lentezza e serenità si sporge un pochetto di più e piano piano srotola un enorme poster di Play Boy: un gran pezzo di bionda tutta vogliosa che ora guardava dall’alto un pubblico a dir poco sbalordito… ah ah ah… sorpresa… scherzetto… ah ah ah…

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L'ospite d'onore

C’è chi ha riso, chi non capiva bene come reagire, qualcuno forse se ne è pure vergognato ma in generale lo scherzo è ben riuscito. Ma c’era una parte diabolica… lo scherzo non finiva lì perchè lo scherzo non finiva proprio: le donne, più incazzate che scandalizzate, corsero come delle pazze fino alla stanza di Cristian per mettere fine a al dramma ma trovarono la porta chiusa, e il poster stava dall’altra parte. A nulla servirono gli insulti e le minacce (anche di linciaggio), quella porta non si aprì. La signorina del poster diventò l’ospite d’onore della serata e mai se ne lamentò. Chi si lamentava erano le ragazze che con un duro lavoro di autocontrollo non sfondarono quella porta e diedero il meglio di sè perchè il fattaccio non diventasse scandalo.

Mentre tutto questo succedeva io me la ridevo e pensavo: bravo Cristian. Volete sapere cosa è successo alla signorina del poster? Nulla di grave, state tranquilli. Cristian la difese fino a tarda notte, fino a quando l’assedio davanti alla sua porta finì; alle prime ore del mattino se ne andò furtivo e lì la lasciò, a salutare il sole che sorgeva.

Keine Gegenstände aus dem Fenster werfen

15 ottobre 2009
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busenNegli anni ’80, i più giovani potrebbero anche non crederlo, la pornografia tedesca era all’avanguardia in Europa: quanto di più simile ci fosse a quella americana che, ovviamente, era all’avanguardia nel mondo. Tettone (“busen“), super tettone (“extra-busen“) e passere depilate (“rasierte“), che hanno fatto sognare una generazione (ed ispirato Cartoni animati giapponesi di Elio e le storie tese). Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, e preservativi usati per lo scarico del cesso. E urina dappertutto.

Già, perché gli anni d’oro sono lontani, e ai tedeschi è rimasto poco più che la piscia. Se nel resto del mondo il pissing, il golden shower come lo chimano altri, è una rispettabile tradizione che attirerà, che so, il suo bel 1-1,5% di appassionati fra tutti i pornofruitori, in Germania oggigiorno pare che non si possa più scopare senza inondarsi di giallo nettare puzzolente. Almeno la metà dei film erotico-sessual-pornografici prodotti in quelle terre contiene almeno una scena di “pioggia dorata” (urofilia, in termini tecnici). Non importa che sia una pellicola lesbo, anal, trans, inter-racial, mature, etero, gay, teen, amateur o quant’altro. Arriva sempre il momento in cui questi smettono di fare quello che giustamente stavano a fare in un porno, e si pisciano addosso. Addosso l’un l’altro, o addosso a sé stessi, questi tirano fuori il bigolo (improvvisamente moscio) o la patata, e scaricano litri e litri di piscia. Ci sono innumerevoli films tedeschi in cui tutto il plot si basa su una tipa che sta sdraiata in mezzo alla stanza, uno la scopa, e intorno decine di uomini si alternano per urinarla tutta. Ma anche in films normalissimi, con la solita bionda con la faccia da cavallo che si fa trombare dal solito baffetto tipo cantante degli Scorpions, ti può saltare fuori all’improvviso questa fissazione.

ti è entrato qualcosa nell'occhio, Angela?

E poi. Se il 50% della produzione porno tedesca è piena di queste cose, dico io, sarà perché al 50% dei tedeschi, a occhio, queste cose piacciono. E questo vuol dire che se prendiamo un gruppo di otto teschi a caso (tipo: Angela Merkel, Michael Schumacher, Claudia Schiffer, Franz Beckenbauer, il dottor Mengele, Marlene Dietrich, Albert Einstein e Lothar Matthäus, tanto per dire), circa quattro di essi o esse adora questi simpatici giochi di cascatelle e spruzzi gialli. Oddio, la Merkel per favore no!!!

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E quindi, premesso tutto questo, vi racconto come faccio io. Se mi tocca di uscire con una tedesca vacanziera, vogliosa di sole mare e altro, e magari c’ho intenzione dopo di portarmela da qualche parte per approfondire la relazione, ebbene, io non abbasso la guardia un istante. La osservo. La porto in giro, in qualche bar, la faccio bere, ma la osservo. Se di tanto in tanto, come tutte le donne, mi dice “Scusami” e sparisce dietro la porta del bagno per svuotare la vescica man mano che si riempie, allora bene, tutto ok e mi lancio. Se invece la maiala al cesso non ci va proprio, o ci va solo per drogarsi, e trattiene in pancia tutti i liquidi che tracanna, beh allora dico cortesementeAuf Wiedersehen” e me la filo. Meglio non rischiare.

pissing tedescoRicordo anni fa, ero riuscito a portare fuori una tedeschina bellina bellina, anzi proprio un bel pezzo di gnocca. Ero pronto a tutto. La osservai tutta la sera, era fine e delicata. Le offrii ettolitri di birra. Io la osservavo ma lei al bagno mica ci andava. Cominciavo a preoccuparmi, perché la tipa mi piaceva, mi sarebbe dispiaciuto dover lasciarla perdere. Alla fine me la portai a casa, senza che lei avesse minimamente accennato al fatto che volesse liberarsi. Per prima cosa le feci vedere il bagno: “Comodissimo, puoi farci tutto, pipì, cacca, quello che vuoi“. Lei disse: “Carino!“, ma non colse l’allusione. Prima di finire nel lettone la convinsi a vedere un documentario sulle cascate del Niagara. Tutta quell’acqua scrosciante avrebbe fatto esplodere la vescica anche a Thor, ma lei niente, imperturbabile. Io le sussurravo e le facevo “psss, psssss” nell’orecchio; le premevo dolcemente come per caso l’addome; niente di niente. Alla fine perse la pazienza lei, e mi trascinò in camera da letto. Io, terrorizzato, per cercare di guadagnare ancora qualche secondo, tentai con un altro po’ di conversazione: “Come ti chiami, bellina?” le chiesi disperato. Lei sorrise e mi disse “Norbert, bellino“, spense la luce e me lo piazzò in culo. Ahi!!!.

di magliette e di pompini

11 ottobre 2009
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Kill Everybody NowAllora. L’umore è quello che è, mezzo incazzato, neanche tanto, ma devo uscire. Mi piacerebbe mettere una maglietta che rifletta il mio stato d’animo, un po’ aggressiva, tanto per. Magari avessi ancora quella dei NoMeansNo con scritto “Kill Everyone Now” (vedi foto), ma quella me l’ha fatta sparire la mamma secoli fa. Per cui niente. E invece ecco, improvvisa, mentre rovisto nel mucchio, salta fuori quest’altra, dimenticata da tempo, una delle mie preferite di sempre: vi si vedono le sagome estremamente stilizzate di un omino e di una donnina; l’omino ha i pantaloni alle caviglie, la donnina è inginocchiata davanti a lui, con la testa al livello della cintura, sembra che glielo stia ciucciando; sotto, una scritta che dice “Servizio in piedi“; dietro, sulla spalla, c’è scritto in piccolo “Surf in Paradise“. Oddio, l’intento provocatorio di questa maglietta è piuttosto loffio, non si scandalizzerebbe nemmeno mia nonna. Ma tant’è, sono contento di questo ritrovamento, mi infilo la maglietta ed esco. Che tra una cosa e l’altra mi è anche migliorato l’umore, per cui fischiettando mi reco al bar Kalimba de Luna del mio amico Frans.

servizio in piediAl bar Kalimba de Luna del mio amico Frans c’è un tavolo con amici e amici di amici, per cui mi ci siedo anch’io. C’è anche una, che mi presentano per cognome, diciamo Angeletti (non è il cognome vero, ma ho imprato che la gente si adira quando la metti con nome e cognome nei blogz). Angeletti, dopo un po’ di conversazione, accenna alla mia maglietta. “Bella, vero?” le dico, tutto contento che l’abbia notata. Dice di sì, non troppo convinta, e mi chiede tipo dove l’ho trovata. “Ah, ma questa me l’ha portata uno da Madonna di Campiglio, le stampavano credo a Parma. Roba da snowboarders, dietro c’è scritto anche Surf in Paradise“. E poi aggiungo, premuroso: “Ma è roba di più di dieci anni fa, penso che ora sia introvabile“. Noto che stranamente non se ne dispiace troppo. E poi dice: “Lo sai che qui in Spagna dicono che noi italiani siamo un sacco maschilisti?“. Io, ingenuo, cieco, non vedendo ancora dove va a parare questa, scoppio in una grossa risata: “Sì sì, è vero, me lo dicono sempre anche a me! Ha ha ha, ‘sti spagnoli!” e giù a ridere. Angeletti non ride e ripete che secondo gli spagnoli gli italiani sono maschilisti; e aggiunge “Non credo che la tua maglietta ci faccia una buona pubblicità“. E io rido ancora di più, la tipa sembra divertente, anche con la faccia tutta seria. E poi il dubbio mi prende, e si fa certezza in pochi secondi: questa qui è sinceramente indignata; a questa qui la mia maglietta non piace. “Lavoro in un centro di appoggio alle donne, a Madrid“, spiega. Non ci posso credere. Una femminista. Una fortunaccia sfacciata in cui non avrei mai osato sperare: una femminista con fregola di esporre le sue opinioni. Per cui non appena colgo le coordinate esatte della situazione mi rilasso, mi metto più comodo sulla sedia, riempio la mia faccia di un nobile sorriso e comincio a giocare.

Eh, sì, Angeletti è proprio indignata, e ancor più per il fatto che io non l’abbia capito al volo. “Qual’è il problema?” chiedo premurosamente, “cos’è che non va bene?“. Angeletti dice qualcosa sul rispetto per la Donna, gli stereotipi o non so che. Mi sembra che consideri la posizione della donnina stilizzata poco carina. “Angeletti“, le spiego bonario, “questa posizione non è rispettosa o non-rispettosa. È naturale. È naturale perché l’uomo il bigolo ce l’ha lì, all’altezza del cavallo dei pantaloni. Ce l’avesse qui in fronte, la posizione del pompino sarebbe in piedi, vis a vis. Ma così non è“. E per completezza aggiungo: “Guarda, siccome anche la Donna ha la propria passerina più o meno nello stesso punto in cui l’uomo ha il bigolo, anch’io mi sono slogato la trachea giusto ieri per fare un favore a una signorina“. È vero. Sappiate che quando vi trovate lì, in posizione particolarmente aggrovigliata, con il collo tutto piegato all’indietro per raggiungere l’angolino desiderato, è estremamente pericoloso tentare di deglutire. Io c’ho provato e mi sono slogato la trachea. Angeletti, ovviamente non si impressiona per niente. Ovviamente, ogni malanno che capiti al povero uomo di turno è giusto e meritato. Ad Angeletti non importa che al resto della tavolata questa conversazione non interessi per nulla, lei insiste. Il maschilismo; così non miglioreremo mai; la visione della Donna; e dove andremo a finire? hanno ragione gli spagnoli, nella loro opinione su noi italiani; tutta colpa di Berlusconi e della mia maglietta; gli stereotipi; la Donna non è solo un buco (giusto: almeno tre). E via opinando. La cosa rischia di tirare verso il noioso. Per cui cerco di stringerla un po’ nell’angolo, voglio capire quale sia realmente il problema della mia maglietta. Le spiego che per milioni di donne in tutto il mondo, donne moderne, a posto con sé stesse e con gli altri, il pompino è un atto di gioia, una cosa bella, una cosa naturale. Ad Angeletti scappa, sottovoce, un “Anche le femministe fanno i pompini“, e si vede che vorrebbe non averlo detto, che non aveva mai immaginato di poterlo dire un giorno. E così, mentre il nostro scambio di vedute volge verso il suo termine naturale, l’unica cosa che sono riuscito a capire è che è SBAGLIATO che io indossi questa maglietta. Sbagliato. Angeletti lo sa.

Angeletti: se un giorno leggerai mai questo post, sicuramente ti riconoscerai. Non prendertela. Mi hai regalato una mezz’oretta di sana goduria. A tue spese, è vero; è anche vero che te la sei cercata. Angeletti: un pompino, è un pompino. Una maglietta, una maglietta. Non ci si scappa. Stammi bene.

pornosociologia da quattro soldi

21 settembre 2009
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La pornografia giapponese è brutta, violenta e molesta. La pornografia tedesca è brutta, feticista e molesta. La pornografia americana è stupida, fasulla e prodotta in versioni multiple (la forma più o meno esplicita dipende dal livello della catena di alberghi in cui soggiornate), in breve: il sesso è un prodotto di massa. La pornografia britannica, tuttavia, è il fondo del barile: una roba talmente priva di spirito, di cervello e di gioia e così bizzarra da escludere subito ogni idea che il sesso possa davvero essere divertente.

Gli attori sono rozzi, grassi e flosci, hanno i denti guasti e i piedi sporchi. Perfino i loro tatuaggi sono privi di estro. I membri del cast, a quanto pare, sono costretti a fare sesso con addosso la biancheria intima, slinguando boxer inzuppati di saliva. Alla fine si può comprendere come mai i britannici siano così incasinati riguaro al sesso: a giudicare dai video che ho visto, la cosa si riduce a bastonate sul sedere e biancheria intima. Non c’è speranza. […]”

[da Il viaggio di un cuoco, di Anthonov Bourdain]

Cazzate. D’altronde, perché mai un cuoco dovrebbe capire qualcosa di pornografia? Rocco Siffredi scrive forse libri di ricette? Inizieremo prossimamente, su questo sito, una seria e dettagliata riflessione sulla pornografia, vista nel suo sviluppo storico e nelle profonde differenze che esistono tra i vari filoni che la compongono.

A presto.